MASSONI ED EX, ALL'ATTACCO. CI SERVIVA ORA UN NUOVO PARTITO DI MASSONI PENTITI
Magaldi: povero Salvini, se ora ha paura dei referendum
08/1 •
Chi
glielo spiega, a Matteo Salvini, che non porta fortuna mettersi contro i
referendum? Quello di fine 2016 costò la vita, politicamente, a Matteo
Renzi – che peraltro l’aveva proposto, tirandosi la zappa sui piedi.
Stavolta a riparlarne è il Movimento 5 Stelle, sempre più nell’angolo a
causa dell’iper-attivismo del leader della Lega. Attingendo al serbatoio
dei loro tradizionali cavalli di battaglia (molti dei quali messi in
soffitta: vaccini, euro, spese militari, sanzioni alla Russia), i 5
Stelle ora riesumano l’istituto referendario come strumento di democrazia
diretta. L’idea è semplice: valorizzare il voto, abbassando il quorum
necessario per rendere valida la consulazione. Tutto liscio? Nemmeno per
idea: a mettersi di traverso è proprio Salvini, che – via Twitter – fa
sapere di non fidarsi di un’espressione popolare troppo libera. Nel
senso: se diventasse facilissimo indire referendum, le decisioni
importanti potrebbero dipendere dall’iniziativa di pochissimi. Una
posizione che Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt,
accoglie come sbalorditiva: ma come, proprio Salvini non si era appena
proclamato paladino del nuovo sovranismo populista? Che succede, ora?
Anche il capo della Lega avrebbe paura del popolo, come un Mario Monti
qualsiasi?
La stagione della pazienza politica
è finita, annuncia Magaldi in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti
di “Border Nights”: dopo la resa a Bruxelles, il governo gialloverde (e
Salvini in particolare) sembra non riuscire più a farne una giusta.
Premessa: a Salvini, dice Magaldi, va riconosciuto di esser riuscito a
trasformare la Lega Nord regionalista in un partito serio, con un
progetto nazionale, e per giunta con una traiettoria post-keynesiana. Lo
stesso Salvini ha candidato e poi piazzato alla guida delle commissioni
finanza
di Camera e Senato due economisti come Claudio Borghi e Alberto Bagnai,
contrarissimi al falso paradigma del rigore Ue. Ma perché poi scivolare
su una materia delicata come il “decreto sicurezza”, e addirittura
manifestare timore per l’apertura dei 5 Stelle verso referendum più
popolari e facili da indire? «Noi del Movimento Roosevelt – chiarisce
Magaldi – siamo favorevoli, da sempre, a referendum addirittura senza
quorum. Qualcuno – aggiunge – dovrebbe spiegare a Salvini che anche i
partiti come il suo dovrebbero esserlo: senza il vincolo del quorum, il
risultato sarebbe valido in ogni caso. E questo, a maggior ragione,
dovrebbe motivare i partiti, inclusa la Lega, a spronare i loro elettori
a partecipare a un confronto autenticamente popolare e democratico».
«Andate
al mare», raccomandò Craxi nel ‘91, sperando di far naufragare – per
mancanza di quorum – il referendum promosso da Mario Segni per
introdurre il sistema elettorale maggioritario, poi alla base della
sciagurata Seconda Repubblica. Se c’è una cosa che da 25 anni ci è stata
tolta, insiste Magaldi, è proprio la democrazia sostanziale. E il referendum è uno strumento fondamentale per riavvicinare i cittadini alla politica: un irrinunciabile esercizio di democrazia diretta, prezioso per migliorare la stessa democrazia
rappresentativa. Possibile che non se ne renda conto, il sovranista
Salvini? Forse, aggiunge Magaldi, in questi giorni è troppo occupato a
difendersi dal coro di insulti piovutigli addosso da tanti sindaci e
altrettanti zombie dell’ex-sinistra, che lo accusano di cannibalizzare i
poveri migranti, discriminandoli con ferocia “fascista” e xenofoba. «In
alcuni aspetti quel decreto non piace neanche a me, laddove limita la
libertà di protesta», premette Magaldi, che però aggiunge: «Come mai gli
accusatori di Salvini tacciono, di fronte al silenzio di Mattarella? Il
capo dello Stato poteva benissimo non firmarlo, quel decreto,
rinviandolo alle Camere e invitando il Parlamento a ridiscuterlo.
Mattarella non l’ha fatto. Ma i tanti sindaci anti-Salvini si guardano
bene dal rinfacciarglielo».
Un’osservazione,
questa, che non sfiora nemmeno lontanamente i media mainstream: la
cattiva informazione è ormai un’emergenza nazionale, secondo Magaldi,
che annuncia «un 2019 di fuoco» grazie alle iniziative editoriali che il
Movimento Roosevelt si prepara a mettere in campo. «Tra le altre cose,
la nuova editrice che sta nascendo pubblicherà libri in più lingue: al
mainstream sarà meno facile farli passare sotto silenzio, come è stato
per il mio bestseller “Massoni”», uscito nel 2014 e letteralmente
oscurato, senza cioè che nessun talksow si sia mai sognato di invitare
l’autore. E a proposito: l’ostracismo continua. Su “Rolling Stone”, in
un articolo sull’economista Antonio Maria Rinaldi, Steven Forti
definisce Magaldi «lo scrittore complottista fissato con il pericolo
massonico che cerca di farsi pubblicità con il vittimismo dicendo di
essere censurato dai mass media». In due righe, un capolavoro comico:
Magaldi è notoriamente ostile al complottismo, in più è orgogliosamente
massone. Se Forti l’avesse letto, quel libro, avrebbe scoperto che il
pericolo di cui parla, semmai, è rappresentato da una parte della
massoneria internazionale. Quanto al vittimismo, Magaldi si mette a
ridere: «Sono stato zitto per quattro anni, evitando di protestare.
Tutti i potenti d’Italia l’hanno letto, il mio libro, e così pure i
giornalisti, ma le televisioni non ne hanno parlato mai, neppure per
sbaglio. Fate voi».
Chi glielo spiega, a Matteo Salvini, che non porta fortuna mettersi
contro i referendum? Quello di fine 2016 costò la vita, politicamente, a
Matteo Renzi – che peraltro l’aveva proposto, tirandosi la zappa sui
piedi. Stavolta a riparlarne è il Movimento 5 Stelle, sempre più
nell’angolo a causa dell’iper-attivismo del leader della Lega.
Attingendo al serbatoio dei loro tradizionali cavalli di battaglia
(molti dei quali messi in soffitta: vaccini, euro, spese militari,
sanzioni alla Russia), i 5 Stelle ora riesumano l’istituto referendario
come strumento di democrazia
diretta. L’idea è semplice: valorizzare il voto, abbassando il quorum
necessario per rendere valida la consultazione. Tutto liscio? Nemmeno
per idea: a mettersi di traverso è proprio Salvini, che – via Twitter –
fa sapere di non fidarsi di un’espressione popolare troppo libera. Nel
senso: se diventasse facilissimo indire referendum, le decisioni
importanti potrebbero