27 maggio 2021

A DECIDERE SARÀ LA LOTTA!
Dal primo luglio industria ed edilizia potranno licenziare con la sola eccezione delle aziende che chiederanno di usufruire della cig ordinaria gratuita.
Il blocco parziale dei licenziamenti iniziato il 17 marzo 2020 previsto dal Governo Draghi prevede il termine del 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di CIG ordinaria e CIG straordinaria (soprattutto industria ed edilizia).
La caduta del divieto, dopo un anno di stop, provocherà effetti molto pesanti che si aggiungeranno alla valanga di posti di lavoro persi da febbraio 2020: circa 950 mila. Altre centinaia di migliaia di posti di lavoro sono a rischio, secondo le stime più credibili (c'è chi si spinge a ipotizzarne fino a mezzo milione).
Sono le conseguenza di una pandemia pessimamente gestita dai governi borghesi che ha aggravato la crisi economica sottostante, che al solito viene scaricata dai capitalisti sulla classe operaia. Tutto ciò determina un impatto devastante sulla classe lavoratrice. Per ora, a farne le spese sono stati soprattutto i lavoratori con contratti flessibili, stagionali, e gli autonomi, le donne e i giovani. Assieme alla massa dei disoccupati crescono la povertà, le disuguaglianze sociali, prodotto necessario e inevitabile dell’accumulazione capitalistica.
Mentre la pressione e la repressione sugli operai si fa sempre più forte, Bankitalia e Corte dei Conti fanno fronte comune per sottolineare come un'eventuale proroga del blocco possa solo danneggiare aziende e ripartenza del Paese, i padroni premono perché sanno che il licenziamento diventerà il miglior strumento di pressione e ricatto nei confronti dei lavoratori per aggredire salari e diritti.
Nel frattempo l’interesse degli alti burocrati dei sindacati (CGIL,UIL,CISL) è quello di entrare nella mangiatoia del Recovery Plan, come Draghi sta ventilando, non certo quello di organizzare la lotta dura per impedire che le fabbriche chiudano e i posti di lavoro vadano persi.
SOLO LA FORZA ORGANIZZATA DEI PROLETARI PUÒ FERMARE I PADRONI E IL LORO GOVERNO.
Lavoratori e lavoratrici, precari e disoccupati devono dunque imporre con l’unità, la lotta e la mobilitazione un reale blocco dei licenziamenti e la stabilizzazione dei precari. È della massima importanza unire le resistenze, le manifestazioni, gli scioperi in un solo fronte di lotta basato sulla difesa senza sconti degli interessi economici e politici dei proletari, diretto contro il capitale, i suoi governi e i suoi servi, rifiutando l’idea che vi possano essere “comuni interessi nazionali” fra sfruttati e sfruttatori.
Occorre sviluppare la discussione all’interno del movimento operaio e sindacale sulla situazione che dovremo affrontare e sulla mobilitazione di massa che va messa in campo occupando fabbriche e cantieri per Impedire tagli e chiusure.

26 maggio 2021


 - Il tuo post non rispettava gli Standard della community - (Facebook il braccio disarmato sionista)! Ecco il mio post, si può trovare ovunque, perché verità, e non false immorali bugie spudorate sioniste!

>>>HAI SEMPRE AVUTO CONSIDERAZIONE PER IL POPOLO PALESTINESE, MA NON TROVI IL TEMPO DI OCCUPARTENE; QUI TROVI NEI DETTAGLI, QUANTO BISOGNA SAPERE PER CAPIRE CIO' CHE PER VARI MOTIVI SFUGGE...<<<
--TRA FATAH E HAMAS, C'È UNA SINISTRA CHE RESISTE--
Queste sono le posizioni che ancora oggi identificano la sinistra palestinese nella sua diversità rispetto alle altre forze politiche.
Il FPLP
A sinistra, il Fronte Popolare di Liberazione per la Palestina (FPLP) è senza dubbio l'organizzazione più importante. È nato nel 1967 dal Movimento dei nazionalisti arabi (MNA) d'ispirazione panaraba, socialista rivoluzionaria e laica. Il MNA è stato fondato a Beirut nel 1948 dal siriano Constantin Zureik e dal palestyinese George Habash, precedentemente volontario nel corpo di spedizione arabo durante la guerra del 1948. L'organizzazione era ramificata in quasi tutti i paesi del Medio Oriente, con l'obiettivo di rovesciare le monarchie reazionarie e, in Palestina, di rompere il giogo sionista. Dopo la sconfitta della guerra dei sei giorni, nel 1967, ogni ramo del MNA è diventato autonomo. In Palestina ha virato verso un'ideologia marcatamente marxista e si è trasformata nel FPLP, guidato da George Habash.
Dalla sua fondazione il FPLP adotta la strategia della lotta popolare anti-imperialista. Si tratta di mobilitare le masse e organizzare una lotta armata autonoma, senza attendere la liberazione da parte di un'ipotetica guerra condotta dagli stati arabi della regione. Il FPLP lotta contro il sionismo, l'imperialismo, il capitalismo e le classi arabe corrotte.
Israele viene descritto come uno stato imperialista per natura, sostenuto dal sionismo mondiale, ma il FPLP afferma che in seno alla popolazione israeliana il proletariato è suscettibile di adottare delle posizioni rivoluzionarie.
Il movimento rivendica inoltre una Palestina egualitaria per ebrei e arabi, integrati in una nazione araba in Medio Oriente.
Per molto tempo il FPLP ha ricevuto un aiuto finanziario da Mosca, ma questo non gli mai impedito di essere critico verso il modello incarnato dall'Unione Sovietica.
Insediato in Giordania con le altre organizzazioni di fedayin, nel 1968 il FPLP ha aderito all'OLP e ha sviluppato un grande attivismo sul territorio. Si è fatto conoscere nel mondo per le azioni di dirottamento di aerei, ma ha rinunciato a questa pratica nel 1972 per concentrare le sue azioni in Israele e nei Territori occupati.
Seconda organizzazione palestinese all'interno dell'OLP dopo Fatah, il FPLP è stato, soprattutto in origine, molto influente nei campi profughi. Dal 1973 è in opposizione rispetto all'orientamento di Fatah, ma ha sempre rifiutato la scissione dall'OLP per non indebolire la resistenza palestinese.
Contrario agli accordi di Oslo del 1993, il FPLP si è riconciliato con Arafat nell'agosto 1999 all'inizio dei negoziati di pace, ma non ha mai accettato la soluzione due stati se non come soluzione temporanea, per creare un clima pacifico.
Come ha spiegato il segretario generale del FPLP Ahmed Saadat: «la lotta per un solo stato democratico, senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa non deve mai interrompersi, poiché è la sola soluzione possibile per risolvere i problemi, quello dei palestinesi del 1948 e quello del diritto al ritorno».
Dopo gli anni '70-'80 il FPLP non è più riuscito a recuperare la sua importanza: la crescita dell'islamismo l'ha indebolito, così come gli omicidi israeliani mirati – il suo segretario generale dell'epoca, Abou Ali Mustafa è stato ucciso nel 2001 mentre si trovava nel suo ufficio a Ramallah dal lancio di alcuni razzi. Il FPLP ne ha approfittato per dimostrare che era ancora in grado di rispondere all'attacco assassinando il ministro israeliano di estrema destra Rehavam Zeevi.
Oggi il FPLP dichiara la sua opposizione tanto alla corruzione e alle posizioni conciliatrici di Fatah quanto al potere di Hamas nella striscia di Gaza. Ma le relazioni con quest'ultima organizzazione sono determinate dalla necessità di collaborazione imposta dalla resistenza: «il FPLP e Hamas [operano] nel campo della resistenza, il campo che difende il nostro popolo, la nostra causa e i nostri diritti fondamentali», afferma l'organizzazione. E uno dei suoi dirigenti, Khalida Jarrar, ha dichiarato che «come in altri movimenti rivoluzionari, per esempio in America latina, può accadere che, in determinati momenti storici, sia necessaria una collaborazione tra marxismo e religione». Nel 2005, la militante del FPLP Janette Khoury, 62 anni, ha sconfitto il sindaco di Ramallah (appartenente al partito di Fatah) con il sostegno di Hamas, diventando la prima donna sindaco di una grande città palestinese. Ma al di fuori di questo feudo la sua influenza resta flebile: alle elezioni legislative del 2006 ha conquistato il 4,2% dei voti, preceduta da Hamas (42,9%) e Fatah (39,8%), ottenendo i risultati migliori a Bethlehem (9,4%), Ramallah (6,6%) e Gaza Nord (6,5%)
FDLP
Il Fronte Democratico di Liberazione della Palestina (FDLP) è nato nel 1969 da una scissione dal FPLP, accusato di occuparsi troppo di questioni militari trascurando il terreno politico e ideologico.
Nei primi anni si è radicato principalmente nei campi profughi libanesi e nei territori occupati.
Come per il FPLP, il FDLP è favorevole alla creazione di uno stato palestinese socialista, senza classi, dove arabi ed ebrei possano vivere in pace nel rispetto reciproco delle loro culture. Paradossalmente però il suo leader, Nayef Hawatmeh, è stato il primo – ben prima di Arafat – a sposare la soluzione provvisoria dei due stati separati. Dal 1970 il FDLP intrattiene un dialogo approfondito con il Matzpen israeliano (un'organizzazione socialista).
La lotta armata non è trascurata dal FDLP che, negli anni '70, organizzò delle azioni sia contro dei soggetti militari sia contro dei soggetti civili israeliani.
Contrario, come il FPLP, agli accordi di Oslo, il FDLP ha fermato lo scontro durante il “processo di pace” di Oslo. Membro dell'OLP, cerca di preservarne l'unità.
Dopo l'inizio della Seconda Intifada nel 2000 l'organizzazione, anche se notevolmente indebolita, ha lanciato alcuni attacchi contro le colonie.
Alle elezioni legislative del 2006, il FDLP ha creato una lista in coalizione con il PPP e l'Unione democratica palestinese, ottenendo il 2,8% dei voti.
PPP
Il Partito del Popolo Palestinese (PPP) è in un certo senso il partito politico palestinese più vecchio, poiché affonda le sue radici nel Partito Comunista della Palestina (PCP), fondato nel 1919. dopo molti decenni di allineamento con Mosca ha subìto delle trasformazioni importanti.
Dopo la creazione dello stato d'Israele il PCP si è sciolto nel PC giordano e i suoi membri hanno operato all'interno del movimento sindacale palestinese. Ricostituitosi nel febbraio 1982, il PCP è entrato a far parte dell'OLP nel 1987. la Prima Intifada è stata l'occasione per il movimento di ricrearsi una base popolare.
Con la dissoluzione dell'URSS e per evitare il crollo del partito, nel 1991 il PCP è stato rtibattezzato Partito del Popolo Palestinese. Il suo segretario generale, Bachir Barghouti, ha giocato un ruolo chiave nei negoziati di Oslo, e il partito di fatto ha appoggiato il processo di pace, visto come il mezzo per ottenere la creazione di uno stato palestinese indipendente e sovrano nei confini del 1967.
Lontano da questa logica, nel 2002 il PPP si è pronunciato a favore dell'Iniziativa araba, una inconsistente proposta di regolamentazione del conflitto palestinese formulata dal futuro re dell'Arabia Saudita Abdallah. Il FPLP e il FDLP si sono opposti a questa proposta poiché limitava il diritto al ritorno dei profughi prevedendo delle quote fissate da Israele.