21 aprile 2021

 

Il coraggio di un comunista secondo Barbero e secondo noi

21 Aprile 2021
barbero


Un anno fa esatto, il PC stalinista di Rizzo celebrava sui social le ben note Tesi di Lenin con la foto di Trotsky in bella vista, per poi cancellarla e rimuoverla come ai tempi d’oro di Stalin. Pensavamo che non si potesse assistere a niente di più comico nell’estrema sinistra. Invece, qualche giorno dopo, la “striscia” comica di Rizzo ci ha offerto un altro formidabile sequel.

Per celebrare il 25 Aprile, infatti, il PC aveva scelto di dare la parola in diretta allo storico Alessandro Barbero. E così mentre Rizzo gongolava per la presenza nella sua “dacia” di una figura tanto nobile e prestigiosa, non ha potuto impedire che le orecchie dei suoi iscritti, sentissero dalla bocca dello storico questa musica melodiosa per le nostre:

«Il comunismo è qualcosa di totalmente diverso (dal nazismo, nda); il comunismo è un’esperienza mondiale che è durata un secolo e mezzo, due secoli; il comunismo è qualcosa con cui doveva fare già i conti Cavour alla metà dell’Ottocento, il comunismo è qualcosa che c’è stato in tutto il mondo, che in tutto il mondo ha dato forza e speranza a generazioni e generazioni, che in quasi tutti i paesi del mondo non è mai andato al potere, è stato represso; i comunisti sono stati messi in galera, torturati, fucilati, mandati nei lager (ahinoi tantissimi anche nei gulag, forse i migliori, nda). Poi non c’è il minimo dubbio che sotto Stalin e non solo lui, anche nelle esperienze asiatiche, il comunismo ha avuto delle storture e ha creato dei sistemi in cui non vorremmo vivere, dei sistemi che a volte hanno gareggiato per orrore col nazismo. Il punto è che quello non è il comunismo. Oggi è perfettamente possibile dire io sono comunista ma i lager (gulag, nda) di Stalin sono stati un orrore. È questa la differenza. Perché nessuno può dire io sono nazista ma non sono d’accordo con Hitler e i campi di sterminio. E quindi questo è una prima cosa che secondo me da comunisti si può tranquillamente dire. Bisogna avere il coraggio di dirlo, ecco!» (sottolineatura nostra, nda).

Avremmo tante cose da puntualizzare al riguardo, e speriamo prima o poi di potere anche noi avere l’occasione di passare con Barbero qualche Festa della Liberazione o qualche altra serata, perché il marxismo è una visione organica del mondo, e pur partendo dagli stessi dati, non giunge necessariamente alle stesse conclusioni di uno storico, perché ha un’opinione tutta sua, unica e originale per qualunque aspetto o fatto delle umane vicende.

Per ora vorremmo solo far notare a Barbero e ai giovani comunisti che l’hanno ascoltato, che

se uno storico ha il coraggio di dire certe cose, bisognerebbe avere da comunista il coraggio di tirar le logiche conclusioni del discorso dello storico.

Che tipo di comunista è quello che ha il coraggio di dire che i gulag di Stalin sono stati un orrore? Può essere benissimo un comunista da “fronti popolari”, un comunista da “partito nuovo”, un comunista da “Costituzione”, un comunista da “democrazia progressiva”, un comunista da “disgelo”, un comunista da “distensione”, un comunista da “grande rivoluzione culturale”, un comunista medioevale da “sacrifici”, un comunista da “eurocomunismo”, un comunista da “compromesso storico”, un comunista da “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre”, insomma un comunista da tutto tranne che da marxismo e perciò pronto al salto della barricata per arrivare fino al “governo Prodi”, primo e secondo...

Per noi, tutti questi comunisti che si aggirano ancora tra Chrušcëv e Berlinguer, passando per Dubcek ed Honecker strizzando l’occhio a Mao e alla vuotaggine idealistica di Lukács per darsi un tono, restano comunisti da arcobaleno, l’arcobaleno che racchiude tutte le infinite sfumature del colore sempre grigio dello stalinismo. Come tutti gli arcobaleni falsi e bugiardi, alla fine di quell’arco non si trova mai una pentola d’oro, ma di un materiale assai meno nobile...

Solo per restare in Italia, ricordiamo ancora l’ultimo esemplare famoso di questa strana razza di sedicenti comunisti: Bertinotti. Il “subcomandante Fausto” ruppe ufficialmente con lo stalinismo negli anni duemila, parlò di “disgelo” tra le risate di chi gli faceva notare che c’era già stato nel ’56, infine varò il comunismo gandhiano da “non-violenza”. È con questo comunismo da “figlio dei fiori” che votò tutte le missioni di guerra dell’imperialismo italiano in Afghanistan e finì la sua carriera politica a pontificare sul fallimento della sinistra, invitato come perfetto boy-scout alle feste di Comunione e Liberazione.

La parabola di Bertinotti ci insegna che non basta avere il coraggio di condannare i crimini dello stalinismo, se è solo una posa interessata per passare dall’altra parte della barricata a sostenere i crimini del capitalismo.

Non essendo storici, non pretendiamo di insegnare a Barbero cosa sia il coraggio di uno storico. Da marxisti però, ci sentiamo in pieno diritto quando diciamo che il coraggio di un comunista non sta nell’ammettere che i gulag di Stalin sono stati un orrore. Perché questo son capaci tutti, specie se fino al giorno prima stavano dalla parte di Stalin. Per noi questo è solo un primo passo. E senza il secondo si resta nel limbo delle mezze verità, col rischio di tornare presto o tardi indietro. La vera forza di un comunista sta nel coraggio di trarre tutte le conseguenze di una simile affermazione. I crimini di Stalin e tutta la sua politica controrivoluzionaria, sono la prova storica che lui ha avuto torto e Trotsky ragione, è questo che bisogna avere il coraggio di dire. Senza dirlo, un comunista potrà avere tante belle qualità, ma il coraggio, specie quello della verità, continuerà a mancargli.

Se non si ammette senza se e senza ma che Trotsky ebbe ragione e Stalin torto, si resta nel campo dei filistei rossi, quegli insopportabili “comunisti” viziati dallo spirito del burocrate che hanno imparato la triste e vile arte di dire e non dire, e che ogni volta che discutono di qualcosa, non riescono a farlo senza farci sentire la puzza delle «setole di porco tritate» [1] che esce dalla loro bocca.

Parlare da comunista degli orrori di Stalin senza aggiungere che ebbe torto e Trotsky ragione, significa prendere le distanze da Stalin, senza dare un taglio netto allo stalinismo, perché non si è in grado di fare i conti fino in fondo con la sua politica. Non è vero coraggio, quindi, ma solo l’ultima variante alla moda dell’opportunismo. Perché solo con un taglio netto si può proseguire sulla strada della rivoluzione. Senza, si resta comunisti irrecuperabili, comunisti senza speranza, comunisti che alla fin fine non valgono un bottone.

Comunisti del genere saranno sempre più un ostacolo che un aiuto alla causa. Sono quindi comunisti condannati in un modo o nell’altro alla pattumiera della storia. E sarà quindi la Storia a fare, presto o tardi, quello che loro in vita non hanno mai avuto il coraggio né di dire, né tanto meno di fare.



Nota:

1 – Lev Trotsky, Giù le mani da Rosa Luxemburg!, in Scritti 1929-1936, Oscar Mondadori, 1968.

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